martedì 13 agosto 2013

Enki e Ninmah: i primi tentativi andati male di creazione dell'uomo

Zacharia Sitchin è stato da molti accusato di aver forzato la traduzione dei miti sumeri per far tornare le sue teorie sul creazionismo extraterrestre. Ho avuto così la fortuna di trovare in internet delle traduzioni di miti sumeri fatte da studiosi non sitchiniani. Purtroppo questo file, che si trova anche su Scribd, non riporta il nome del traduttore, a cui vanno i miei più sinceri omaggi e complimenti per aver messo gratuitamente a disposizione la sua competenza e il suo tempo a beneficio di chi vuole vedere più chiaro sulla civiltà sumera.
A occhio e croce non si parla di astronavi nel mito che propongo di seguito. Ma si parla di "strani" dei che si mettono a manipolare l'uomo come se fossero in laboratorio e creano primi, malriusciti, esperimenti genetici a cui vengono senza tanti giri di parole affidate mansioni da schiavi, mansioni da manodopera. Insomma: Sitchin può avere forzato sì la mano per far tornare al millimetro le proprie teorie. Ma ci troviamo pur sempre di fronte alla descrizione di divinità antropomorfe, che paiono venirci restituite con un linguaggio necessariamente pre-tecnologico intente in tutta una serie di attività che hanno poco di soprannaturale e molto di "scientifico."
E' interessante notare come l'uomo, nei miti sumeri, sia stato creato per lavorare la posto degli "dei minori." Ma chi sarebbero questi dei minori? Nel mito sono esseri sottoposti agli dei maggiori, esseri che prendono ordini da loro. Ma esseri della medesima natura. Alcuni analisti credono addirittura che gli "dei maggiori" abbiano accontentato gli "dei minori" per non venirne scalzati. Come se si trattasse di un distaccamento militare a rischio di ammunitamento. 
Proviamo a metterla dal punto di vista di uomini antichi che vedono sbarcare degli esseri da altre galassie e li identificano con gli dei. E' ovvio che i capi di questi esseri siano scambiati per dei maggiori, e i loro sottoposti nella gerarchia, per dei minori. Solo così si spiega l'esistenza di "dei" praticamente costretti a lavora (il giogo del lavoro). Si pensa dunque di creare una creatura che possa lavorare al posto loro, e lo si fa evidentemente con la genetica (si parla di seme impiantato nell'utero di una dea...).
Appare altrettanto evidente che i sumeri non stanno descrivendo divinità magiche, perché una divinità magica, per l'appunto, può prendere del fango, alitarci sopra, e toh, trovarsi un uomo già perfetto e finito. Qui siamo di fronte a qualcosa di diverso. Al tentativo di spiegare con un linguaggio pre-tecnologico un procedimento che ha tutti il sapore dell'ingegneria genetica.

Qui comincia la citazione, con l'introduzione del traduttore al mito di Enki e Ninmah "(Ovvero: i primi tentativi andati male di creazione dell'uomo)."
Il mito che propongo è un vero classico della letteratura sumera. Vi si narra del primo tentativo di creazione dell’ uomo, ad opera di Enki e Ninmah, perché questo potesse portare ‘il giogo degli dei’, cioè svolgere tutte quelle attività che erano svolte dagli dei minori.
La storia si svolge in 4 parti.
Nella   prima   parte,   mentre   Enki   dorme   nel   suo   giaciglio,   gli   dei  minori si lamentano della fatica del lavoro. La dea Namma, madre di Enki, sveglia suo figlio per presentargli le lamentele degli dei e gli suggerisce di creare un essere che lavori al posto loro. Enki, nella sua grande saggezza, decide allora che la cosa sia fattibile, e dà le istruzioni necessarie. Convoca quindi sua sorella Ninmah e le "dee della nascita" le quali la dovranno assistere nell’opera. Nella seconda parte, Ninmah crea 6 esseri, tutti malati, per i quali Enki "decide i destini", cioè dispone per loro un compito che possano svolgere nonostante le loro menomazioni. Nella terza parte, poiché Ninmah è desolata di non essere riuscita a creare un "uomo perfetto", Enki decide di provare un nuovo procedimento, utilizzando il seme di un dio e impiantarlo nell’utero di una dea (Ninmah stessa?) mischiando questo seme con una forma d’argilla da lui prodotta. Anche questo esperimento però produce un essere imperfetto, chiamato Umul (che in sumero significa appunto "creatura malata"), con molte menomazioni. Ninmah, constatando che questo essere non è in grado di badare a se stesso, si lamenta con Enki. Questi però ricorda a Ninmah di come lui abbia comunque badato ai 6 esseri prodotti da Ninmah. Nella quarta parte, probabilmente sentendosi rimproverata ingiustamente, Ninmah rinfaccia ad Enki di non aver però badato alla sua terra, alla sua città, quando questa fu distrutta, quando suo figlio (non identificato nel mito) fu costretto a fuggire, e quando lei stessa dovette abbandonare l’ E.Kur (il tempio di Nippur).
Per contro, Enki la ammonisce di non rompere la promessa per la quale Ninmah avrebbe dovuto badare al destino della creatura da lui prodotta, la prega di ‘lasciare libera’ la sua creatura, e auspica che comunque questo giorno, quello delle creazioni, venga festeggiato. Enki ordina dunque che sia costruita una casa (non si capisce se DA Umul o PER Umul) e che siano scritte canzoni per commemorare l’opera eroica di Ninmah.
Il poema finisce con la consueta "lode" al dio, per la sua saggezza e le sue opere. 
Il testo, catalogato presso l’ ETCSL e analizzato da Stephen Langdon, Thorkild Jacobsen, e Giovanni Pettinato, proviene dalla cosiddetta ‘scuola di Eridu’; rappresenta una sorta di antefatto al racconto della creazione dell’uomo contenuta nel più  lungo e  meglio  conosciuto testo ‘Atra Hasis e il diluvio’.

In quei giorni, i giorni in cui cielo e terra vennero creati,
In quelle notti, le notti in cui cielo e terra vennero creati,
In quegli anni, gli anni in cui i destini vennero fissati,
quando gli dei Anunna generarono,
quando le dee (madri e figlie) si sposarono,
quando le dee (madri e figlie) abitarono cielo e terra,
quando le dee (madri e figlie) diventarono pregne, 
e gli dei dovevano portare il cibo nelle sale da pranzo,
gli dei maggiori sorvegliavano il lavoro, e gli dei minori  portavano 
il giogo del lavoro.
Lavoravano ai canali della terra di Arali, nella terra e nell’ 
argilla, 
ma smisero i lavori per lamentarsi di questa vita.
Quel giorno il creatore, il grande dio dalla grande sapienza, 
Enki, nel suo Engur, il luogo delle acque sotterranee che nessun dio 
conosce, 
dormiva nelle sue stanze e fu svegliato
dagli dei che si lamentavano 
e si alzò dal suo letto.
La dea Namma, la prima madre che diede nascita agli dei,
portò le lacrime degli dei minori a suo figlio che dormiva,
a colui che giaceva nel suo sonno,
(....)
“Dio Creatore, le tue creature si lamentano,
figlio, alzati dal tuo giaciglio, rivolgi il tuo sguardo, la tua 
saggezza,
crea per gli dei un sostituto, così che loro siano liberi dal giogo 
del lavoro”
Enki, alle parole di sua madre Namma, dal giaciglio si levò.
Nell’ Halankug, il suo luogo, si colpì i fianchi infastidito, 
colui dalla grande conoscenza, che tutto sa, camminava avanti e 
indietro,
Enki, allungò la sua mano e prestò attenzione,
Enki, che tutto conosce, il creatore delle cose, valutò la situazione 
e poi
A sua madre Namma disse:
“Madre, la creazione di cui parli (*1) avrà luogo, imponiamo ad essa 
il lavoro degli dei,
mischia l’ argilla della terra a nord dell’ Abzu
le dee della nascita ti aiuteranno a lavorare l’ argilla, e la forma 
sarà realizzata
Ninmah sia tua aiutante,
Ninimma, Shuzianna, Ninmada, Ninbarag,
Ninmug, Sharshargaba, Ningunna,
ti aiutino nella nascita.
Madre mia, tu realizzerai la creatura, deciderai i destini, e Ninmah 
imporrà loro il lavoro.
(…) erigeremo (faremo crescere) l’ umanità,
(…) faremo sorgere l’ uomo,
(…) solleverà la testa,
(…) metterà cibo nelle nostre camere da pranzo,
(…) innalzeremo l’ uomo,
(…) lavorerà nei campi e si moltiplicherà”.
Il lavoro di Enki riempì il loro cuore di gioia,
la madre Namma e Ninmah egli festeggiò con lauto pasto,
le dee della nascita segnarono il destino, il cibo dei principi,
Anu, Enlil e Nudimmud (Enki) arrostirono vitelli,
i grandi dei tutti lo lodarono:
“Signore di grande sapienza, che tutto conosci,
signore Enki, chi compete con te?
Padre che dai la nascita, decidi i destini con i tuoi ME”
Enki e Ninmah bevvero birra, e i loro cuori si scaldarono,
e Ninmah disse ad Enki:
“Il destino dell’ umanità sarà buono o cattivo, secondo
il volere del mio cuore il suo destino sarà buono o cattivo”
ed Enki a Ninmah rispose:
“per la tua saggezza il destino sarà buono o cattivo”
Ninmah prese l’ argilla delle terre a nord dell’ Abzu,
creò un uomo ma egli non teneva le mani dritte,
Enki vide l’ uomo, egli non teneva le mani dritte, e decretò il suo 
destino, 
e lo mise nel campo del re come servitore.
La seconda creazione fu un uomo che sfuggiva la luce,
Enki vide che l’ uomo rifuggiva la luce,
e decretò il suo destino, ne fece un abile musicista,
lo mise nel campo del re.
Il terzo uomo che fu creato aveva i piedi che non funzionavano,
Enki allora vide che l’ uomo non sapeva usare i piedi,
e lo rese un grande lavoratore dell’ argento lucente.
Il quarto uomo non sapeva trattenere l’ urina,
ed Enki vide che l’ uomo non tratteneva l’ urina,
e lo fece giacere nell’ acqua che scacciò il suo male.
Il quinto era una donna che non poteva partorire,
Enki vide che la donna non poteva partorire,
e ne fece una ancella nella casa della regina.
Il sesto era un essere senza pene ne vagina,
Enki vide che l’ essere non aveva pene ne vagina e ne decretò il 
destino,
lo chiamò ‘dono di Nippur’ e 
ne fece un attendente per il re.
Ninmah delusa per le creazioni andate male gettò per terra l’ argilla 
camminando avanti e indietro,
il signore Enki allora disse a Ninmah:
“Tu hai finora creato gli uomini e io ne ho deciso i destini,
ora io proverò a crearli e tu ne deciderai i destini”
Enki creò allora una forma che aveva testa e bocca,
e disse a Ninmah:
“versa il seme maschile nell’ utero di una donna”
Ninmah si avvicinò al nuovo nato,
colui che la donna aveva partorito era deludente,
egli era Umul, la sua testa era malata, il suo (…) era malato, gli 
occhi e il collo erano malati,
non respirava, i polmoni e gli organi interni erano malati,
con le sue mani malandate e la sua schiena malandata non riusciva a 
nutrirsi,
con i piedi e la schiena malati non poteva lavorare, così fu creato.
Enki disse allora a Ninmah:
“Gli esseri che hai creato, ne ho decretato i destini, ho nutrito;
tu ora, degli esseri che creo, decreta i destini e metti da mangiare 
nel loro piatto.”
Ninmah guardò ad Umul e si avvicinò,
all’ essere malato parlò ma lui non sapeva parlare,
gli porse del cibo ma lui non riusciva ad afferrarlo,
non sapeva usare attrezzi, non poteva giacere,
non poteva sedersi se in piedi, non sapeva mantenere (?) la casa e 
non sapeva nutrirsi
Ninmah disse ad Enki:
“L’ essere che hai creato è vivo e morto, non può badare a se stesso 
e non può vivere”
Enki guardò Ninmah e rispose:
“L’ uomo con mani malate, a lui ho dato pane e un destino,
l’ uomo che sfuggiva la luce, a lui ho dato pane e un destino,
l’ uomo con piedi malati, a lui ho dato pane e un destino,
l’ uomo che non tratteneva l’ urina, a lui ho dato pane e un destino,
alla donna che non poteva partorire ho dato pane e un destino,
all’ uomo che non aveva né pene né vagina, anche a lui ho dato pane e 
un destino,
sorella mia (…)”,
(…)
(…)
Ninmah rispose ad Enki:
“(…)
(…)
(…)
(…)
(…)
(…)
(…)
(…)
(…)
Tu sei entrato (?)
In cielo non risiedi, in terra non risiedi, mai sei venuto a visitare 
le mie terre,
dove non risiedi, la mia città fu eretta, le tue parole non arrivano,
dove non risiedi, dove io vivo, anche io rimango in silenzio.
La mia città e la mia casa son distrutte, mio figlio fuggitivo,
io stessa ho dovuto lasciare l’ E.Kur come fuggitiva,
non ho potuto evitare la tua mano!”
Enki rispose a Ninmah:
“Chi può cambiare le parole che hai pronunciato?
La creatura malata (…) libera dalla prigionia (?)
Ninmah, il tuo lavoro (la tua opera) sia (…) promettesti di (…) il 
mio lavoro imperfetto, chi può contraddirlo?
L’ essere che ho creato, lascia che io lo abbia indietro,
sia oggi lodata la mia stirpe (?) sia riconosciuta la tua saggezza,
che gli Enkum e i Ninkum
possano stare di fronte a noi e pronunciare le parole della tua 
gloria, 
sorella mia, tu eroina,
siano scritte (…) canzoni (…)
gli dei che hanno (…) la creatura malata (…) sia costruita una casa.”
Ninmah non potè ribattere al grande signore Enki.
Padre Enki, è giusto lodarti!



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